CRITICITÀ E PROSPETTIVE PER LA SANITÀ DEL CASSINATE





Introduzione di Beatrice Moretti – Segretario Generale SPI CGIL Frosinone Latina

Finalmente dopo tanto tempo possiamo fare una discussione in presenza, dopo la comparsa dell’epidemia del COVID, che rappresenta l’emergenza sanitaria più importante della nostra epoca. 

Questa epidemia indubbiamente ha fatto capire – non a noi che lo abbiamo avuto sempre ben chiaro - l’importanza del SSN pubblico, ma ha fatto anche comprendere che bisogna avere il coraggio di pensarci appartenenti ad una collettività, obbligando tutti noi, ciascuno per le proprie responsabilità, ad affrontare scelte che non sono più rinviabili per mettere questo sistema in sicurezza, mi verrebbe da dire, garantendo in modo omogeneo, quindi anche in questo territorio, una sanità pubblica capace di risposte efficaci per i cittadini, all’interno di un sistema a RETE, ovviamente. Il tema della nostra discussione sono le criticità e le prospettive per la sanità del cassinate, pertanto il punto di vista che abbiamo non è solo “ospedalocentrico”, pur essendo l’ospedale fondamentale quando si ragiona di sanità, ma se ci limitassimo a parlare dell’ospedale S. Scolastica si tratterebbe di un approccio sbagliato e di una visione parziale e distorta di ciò che è l’offerta sanitaria in un territorio. E questa premessa è particolarmente importante per la categoria dei pensionati che rappresento, a cui l’emergenza sanitaria del Coronavirus, che ha innescato una terribile reazione a catena, ha fatto pagare il prezzo più alto: pensiamo alla realtà delle RSA e delle Case di Riposo di questa provincia, ricordando che qui a due passi abbiamo il S. Raffaele. E avendo menzionato subito volutamente il territorio, ciò che ritengo immediatamente mettere al centro è la particolare complessità di quello cassinate, che merita un’attenzione particolare, in quanto a questo Distretto sanitario afferiscono ben 25 Comuni ( Acquafondata, Aquino, Ausonia, Cassino Castelnuovo Parano, Castrocielo, Cervaro, Colle San Magno, Coreno Ausonio, Esperia, Pico, Piedimonte San Germano, Pignataro Interamna, Pontecorvo, Roccasecca, San Giorgio a Liri, San Vittore del Lazio, Sant'Ambrogio sul Garigliano, Sant'Andrea del  Garigliano, Sant'Apollinare, Sant'Elia Fiumerapido, Terelle, Vallerotonda, Villa Santa Lucia, Viticuso), tra cui ve ne sono diversi molto piccoli e collocati in aree interne, con vie di comunicazione per niente agevoli, dove la popolazione anziana è praticamente la sola ad essere rimasta. 

Questo per dire che sarebbe miope e sbagliato limitarci a ragionare solo di Cassino, ma dobbiamo volgere lo sguardo a tutto quel bacino di utenza e all’offerta sanitaria che interessa anche gli altri 24 Comuni che afferiscono al comprensorio Cassinate. Cassino ha più di 36.000 abitanti. Nella nostra provincia questo Comune è il secondo per popolazione dopo il Capoluogo (45.624), ma in questa realtà passiamo da questo dato a quello di Acquafondata, per capirci, che è l’ultimo dei comuni della provincia con 274 abitanti.

Questo è un territorio di confine con la Campania e a due passi dal Molise: a 30 Km abbiamo la Neuromed di Pozzilli, che è un Istituto di Ricovero e Cura a carattere scientifico, quindi di rilevanza nazionale e ad altissima specializzazione.

Ho fatto questa premessa non perché mi appassiona la geografia, ma perché sono elementi di cui discutendo di sanità bisogna tener conto: questa è la prima criticità.  Gli abitanti afferenti al Distretto D sono circa 118.000 (118.278), di cui più di 26.000 (26.599) hanno ≥65 anni, quindi pari al 22%; 15.168
appartengono alla fascia 0 – 14 anni, quindi il 13%; il 65 % appartiene alla fascia 15 – 64 anni (76.511). L’indice di vecchiaia – che rappresenta il grado di invecchiamento della popolazione - di questo distretto è pari a 175,4; l’indice di dipendenza anziani – che esprime il carico della popolazione anziana su quella in età lavorativa - è pari a 34,8; l’indice di dipendenza strutturale è pari a 54,8, per cui in questo territorio ci sono ogni 100 persone in età lavorativa 54,6 persone a carico (bambini e anziani), per cui è presente un bel carico sociale ed economico di popolazione non attiva. Queste dunque sono altre criticità.


Sempre con la finalità di inquadrare l’analisi e le proposte per la sanità Cassinate, lo stato di salute della popolazione di riferimento ha registrato nel 2019 una prevalenza di disturbi di ipertensione arteriosa (28.066); diabete (9.550); ipotiroidismo (6.950); broncopatie (6.219) e polmoniti (408). Nello scorso anno nell’ospedale di Cassino vi sono stati 9.531 ricoveri, le cause sono ovviamente diverse, ma va evidenziato che vi sono stati 733 nuovi casi di tumori e 820 ricoveri per tumori maligni. Si tratta di prestazioni assicurate dall’ospedale S. Scolastica, dal suo personale sanitario, che va ringraziato ed elogiato pubblicamente per quanto riescono a garantire quotidianamente, non solo per il carico di lavoro disumano che hanno sopportato durante la fase acuta dell’emergenza causata dal
Coronavirus.

Il Santa Scolastica è una struttura che i cittadini di Cassino avevano atteso forse per trent’anni e io mi ricordo quando dal vecchio ospedale ci fu il trasloco in quello attuale: fu una sorta di blitz, che venne deciso dalla direzione sanitaria dell’ospedale, in accordo con il personale, perché si era capito che, senza quell’atto decisionale di coraggio, l’indugio sarebbe durato all’infinito. Un bellissimo contenitore che però ha bisogno di essere riempito di contenuti, quindi di personale e strumentazione adeguata. Per troppo tempo non sono state programmate le azioni necessarie a sfruttare le potenzialità di questo presidio, registrando al contrario un progressivo impoverimento, che ora è emerso in maniera non più rinviabile per essere precipitata la problematica della carenza cronica dei medici anestesisti, ma
che non rappresenta la causa di tutti i mali. Mi riferisco ad esempio all’irrazionalità di non aver ancora previsto almeno un Day Hospital oncologico nell’ospedale di Cassino, che solo qualche anno fa era presente, invece, e molto ben funzionante. Non sto assolutamente sostenendo che tutta l’Oncologia debba essere spostata a Cassino: il POLO Oncologico provinciale è Sora e va bene, ma in questo territorio è necessario ripristinare almeno un ambulatorio oncologico, che possa supportare le medicine specialistiche esistenti, quindi la pneumologia e la gastroenterologia, che lavorano moltissimo e lavorano bene, perché il personale è bravo e capace, ma mancano gli strumenti e quella tecnologia che potrebbe rappresentare la svolta nell’offerta sanitaria per il territorio e non solo, evitando tanti disagi all’utenza, soprattutto a quella anziana.


Perché non si pensa ad esempio ad istituire qui a Cassino un centro di prescrizione per la fibrosi polmonare, considerando che nel Lazio si trovano solo a Roma (Tor Vergata, Gemelli e S. Camillo). Perché non assumiamo oggi l’impegno di creare un ambulatorio dedicato a questa patologia, sapendo che parliamo di pazienti anziani – in provincia ve ne sono circa 50 censiti, ma probabilmente sono di più, perché si rivolgono direttamente alle strutture romane – e va denunciato che molti non riescono nemmeno ad arrivare alla terapia, perché a Roma le liste sono lunghe (2 – 3 mesi). Parliamo di pazienti che, quando viene fatta la diagnosi, vanno poi rivisti spesso, perché si aggravano, che hanno bisogno di farmaci impegnativi, perché hanno tanti effetti collaterali e che quindi hanno diritto ad essere curati nella loro provincia. Ma la sanità di cui vogliamo ragionare non è solo quella rappresentata dall’ospedale. Tra le strutture della ASL a cui il bacino di utenza del cassinate si può rivolgere, in base alla domanda di salute da porre, oltre all’ospedale, vi è il Distretto sanitario al cui interno è istituita la Casa della Salute di Pontecorvo, che è quella realtà, o quella “procedura”, come viene definita dagli addetti ai lavori, che consente di prendere in carico i pazienti cronici e di seguirli in modo continuativo, al fine di ridurre il danno causato dalla cronicità e di ritardare l’evoluzione della patologia cronica, così da migliorare le condizioni di vita della persona e ridurre o contenere i relativi costi sanitari. La Casa della Salute di Pontecorvo è stata la prima esperienza di questo tipo nel Lazio, un modello di riferimento che però non ha risolto la storica mancanza di dialogo, quindi la scarsa integrazione e comunicazione tra l’ospedale ed il territorio. Peraltro presso la Casa della Salute di Pontecorvo, considerato che gli spazi inutilizzati di quella struttura lo consentono, la proposta che intendo avanzare come categoria dei pensionati, in linea con la rivendicazione dello SPI CGIL regionale, è quella di aprire finalmente posti di RSA pubblici nel Lazio, partendo da questo territorio, visto che tutte le risorse sono andate ai gruppi privati accreditati. Nessuna ASL del Lazio ha aperto una RSA, pur potendolo fare
secondo le indicazioni del DCA 258 del 2019 relative al riuso di “strutture
pubbliche oggetto di riconversione”.


Bisogna far tesoro dell’esperienza drammatica vissuta dagli anziani nelle RSA, nelle case di riposo e nelle Case famiglia durante la pandemia, con questa consapevolezza riproponiamo con forza il tema della residenzialità e della domiciliarità degli anziani, ma anche la questione dei controlli e della necessità in generale di investire nella prevenzione in questo territorio.

Insieme a questa richiesta, chiediamo di intervenire fattivamente per riattivare tutte le attività specialistiche e ridurre le liste di attesa, in quanto le difficoltà per i cittadini sono aumentate in modo inaccettabile a causa del blocco degli ambulatori dovuti al COVID e tuttora non si riesce ad avere accesso a troppe prestazioni. Si faccia ricorso alla telemedicina, al teleconsulto, laddove possibile ovviamente, e soprattutto chiediamo alla ASL di Frosinone di riattivare da subito il tavolo unitario sindacale di confronto su questo argomento, per mettere tutto in trasparenza e conoscere i piani di rientro e di recupero delle prestazioni arretrate.

Le criticità della sanità di questo territorio di cui discutiamo oggi, voglio dirlo con chiarezza, non sono questioni recenti, ma sono storia vecchia e si tratta di decisioni che dovevano e potevano essere assunte, ma che mai nessuno ha voluto affrontare in modo risolutivo, cosicché oggi la
questione assume caratteri non più rinviabili, perché il sistema ha raggiunto il punto di rottura.

L’epidemia di COVID – 19, che non possiamo considerare ancora solo un brutto ricordo, ha messo a dura prova la tenuta del nostro SSN, svelandoci la complessità e la fragilità del contesto in cui operiamo, ma soprattutto ci ha messo di fronte all’urgenza di agire per creare le condizioni necessarie a garantire livelli adeguati di assistenza sanitaria ai bisogni di salute di ciascun territorio. Noi oggi chiediamo di assumere impegni chiari e soprattutto di mettere in atto azioni concrete, prendendo
in considerazione le proposte che avanziamo. Sappiamo bene che con le malattie succede sempre che superata la paura, ogni consapevolezza acquisita e tutti i buoni propositi svaniscano in un istante, ma siccome non intendiamo permettere che accada anche in questa occasione, siamo assolutamente determinati ad esigere il risarcimento della sanità provinciale e del cassinate, massacrata dalle macroaree e da scelte che negli anni in questo settore hanno rivolto lo sguardo e gli interessi troppo a Roma e ben poco alle province.