SCONFIGGERE LA POVERTÀ: ANALISI, VALUTAZIONE, PROPOSTE - RELAZIONE DI BEATRICE MORETTI, SEGRETARIO GENERALE SPI CGIL FROSINONE LATINA


“SCONFIGGERE LA POVERTÀ - Analisi, Valutazione, Proposte”

Provincia Frosinone – 4 dicembre 2017

Relazione introduttiva di Beatrice Moretti

Segretario Generale SPI CGIL Frosinone Latina

Premetto subito che non intendo soffermarmi sull’analisi dei dati provinciali sulla povertà, che lascerò agli altri interventi della Caritas e dell’ASVIS, che periodicamente rilevano e pubblicano indagini su questi fenomeni. Di certo i dati nazionali non sono incoraggianti e denunciano che viviamo in un Paese che non va: i poveri assoluti in Italia sono 4,7 milioni, il 165% più del 2007, più di 1.600.000 famiglie, il 96,7% in più rispetto agli anni prima della crisi. E i più in crisi sono quelli che cercano lavoro, chi ha più di 3 figli e una famiglia straniera su 4. In emergenza permanente sono le persone non autosufficienti, di cui 8 su 10 sono anziane. Uno scenario sempre più preoccupante, sintetizzato l’altro ieri da un quotidiano di tiratura nazionale con l’assunto: “ si campa di più solo per finire in miseria”: ebbene noi non ci limitiamo solo a denunciare con forza che tutto questo è davvero inaccettabile, ma intendiamo opporci con decisione a questa deriva, attraverso delle proposte che in questa giornata intendiamo avanzare.

Oggi in questa sala ci sono tanti pensionati, ma anche tanti ragazzi, per cui cercherò innanzitutto di esprimermi nel modo più semplice ed efficace possibile; così cominciamo a chiarire quale sia il tema di cui intendiamo discutere: la POVERTA’. Quand’è che si è poveri? Si è poveri quando non si ha accesso alle risorse necessarie per realizzare, se lo si desidera, un livello di vita adeguato alla società e più in generale ad un determinato contesto. O peggio ancora quando le risorse sono così ridotte, così poche, da mettere in pericolo le nostre stesse capacità: ad esempio, quando un bambino non può andare a scuola, o la deve abbandonare in anticipo, o quando la malnutrizione incide sul suo sviluppo fisico e in taluni casi anche intellettivo.

Questa è quella che gli studiosi chiamano povertà estrema: cioè quella in cui viene distrutta la capacità stessa di “aspirare”, di immaginare di poter cambiare la propria condizione. Quindi non è solo un discorso di risorse materiali, ma anche di controllo sul proprio orizzonte di vita, sullo stesso senso di dignità e valore personale: la condizione di povertà non va intesa solo come deprivazione materiale, ma anche come condizione esistenziale che riduce aspirazione e possibilità.

Per dirla in modo ancora più semplice, la povertà potremmo chiamarla una particolare forma di diseguaglianza, che spesso si intreccia con altre forme, ad esempio con quella di genere, con lo status di migranti… Dobbiamo acquisire consapevolezza che le conseguenze della povertà possono toccare anche dimensioni non materiali dell’esistenza, quali l’accesso alla formazione, ad un lavoro adeguato alle proprie competenze, quindi anche giustamente retribuito. Pensiamo che solo dai poveri, infatti, ci si aspetta che siano disponibili a fare “qualsiasi lavoro”. Altro elemento di discussione riguarda l’esperienza della povertà materiale, che può essere causa di limitazione della partecipazione alla vita sociale e politica, perché se non si hanno le risorse, le possibilità, ci si sente - o si viene fatti sentire – profondamente inadeguati.

La povertà dunque costituisce non solo un problema morale, e neppure solo un problema di equità o giustizia sociale, ma anche e soprattutto un problema di democrazia.

L’ultimo rapporto del Censis ha elaborato l’identikit dell’italiano del III millennio, da cui emerge che siamo un Paese sempre più povero, sempre più diffidente e dove cresce il numero di persone che rinunciano alle cure per motivi economici: nel 2016 infatti 12,2 mln di italiani hanno dovuto rinunciare o rinviare le prestazioni sanitarie. Sono 13 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno sperimentato difficoltà economiche ed una riduzione del tenore di vita, per far fronte a spese sanitarie di tasca propria. Così 7,8 mln di italiani hanno dovuto utilizzare tutti i propri risparmi o indebitarsi con parenti, amici o con le banche, e 1,8 sono entrati nell’area della povertà. Più di un italiano su 4 in pratica non sa come far fronte alle spese necessarie per curarsi, quindi non dovrebbe essere poi tanto complicato capire perché i nostri Pronti Soccorso sono sempre più affollati e registrano un numero imponente di accessi cosiddetti impropri, quelli che al triage classificano come codici bianchi. Conseguenza è pertanto che la stessa spesa sanitaria privata, che oggi è pari a 580 euro pro – capite, nei prossimi dieci anni è destinata a raddoppiare.

Allora in questo contesto un primo atto concreto nella costruzione di una strategia nazionale di contrasto alla povertà è rappresentata dall’introduzione del Reddito di Inclusione, che però è limitato ad una platea ristretta, che la CGIL stima essere meno di un terzo delle persone in povertà assoluta, quindi è insufficiente, anche perché – se, come detto, la povertà non ha una valenza solo economica – le misure per contrastarla non possono essere solo materiali.

Per poter rispondere ai bisogni e alle nuove povertà che flagellano in modo drammatico il territorio della provincia di Frosinone – dove registriamo ad esempio i guadagni medi più bassi di tutto il Lazio - le forze sindacali – in particolare i sindacati dei pensionati che, per definizione, sono la Categoria più rappresentativa delle tematiche della fragilità sociale – congiuntamente, devono comprendere l’importanza di volgere lo sguardo a tutti gli attori presenti nel nostro Comprensorio, che concretamente e quotidianamente operano, come noi, rispondendo alle emergenze ed ai bisogni reali delle fasce sociali in situazioni di disagio: i poveri, quindi giovani senza lavoro, anziani, esodati, immigrati, etc. Penso quindi alla preziosa realtà della Caritas, del Banco Alimentare, all’azione dell’AUSER con cui, attraverso la proposta di una sorta di patto di solidarietà tra soggetti che, indubbiamente, hanno storie ed identità diverse, ma che hanno obiettivi comuni, si possa mettere in atto una forte azione sinergica per migliorare lo stato delle cose, cambiando il modello stesso di sviluppo che sino oggi abbiamo avuto come riferimento.

Una valutazione va fatta ed è quella del fattore tempo, perché per cambiare il modello di sviluppo e cercare di risolvere problemi come povertà, disoccupazione, diseguaglianze economiche, sociali e di genere, ma anche il degrado ambientale - che a tutti questi temi è correlato ( perché se non preserviamo il pianeta non abbiamo speranza) bisogna che ognuno di noi operi un’assunzione di responsabilità. 

Il 25 settembre 2015 l’Italia ha sottoscritto l’Agenda 2030 dell’ONU (che una percentuale ancora troppo bassa di noi sa che cosa sia), cioè - con altri Paesi - ha assunto la decisione politica, ossia un impegno forte di operare dei cambiamenti per evitare il collasso ambientale e dei sistemi economici e sociali. Ecco allora l’importanza della funzione dell’ASVIS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, che si adopera affinchè gli impegni assunti dal nostro Paese siano al centro del dibattito politico, perché i cambiamenti richiedono tempo e non ce n’è rimasto molto, per alcuni obiettivi in particolare, che devono essere raggiunti già entro il 2020, come per esempio proprio la riduzione della povertà. Ogni anno che ci avvicina al 2030 rappresenta il 7% del tempo che i Paesi firmatari dell’Agenda si sono dati per salvare il mondo: capite che le lancette continuano inesorabilmente a girare e noi non possiamo rimanere semplicemente seduti ad aspettare.

E infatti noi non stiamo fermi: lo Spi CGIL di Frosinone e Latina ha già definito e avviato un pacchetto di iniziative rivolto per ora alle scuole secondarie della provincia di Frosinone, finalizzato anche alla sensibilizzazione dei ragazzi sugli obiettivi di sviluppo sostenibile sanciti dall’Agenda 2030: tematiche che riteniamo centrali per costruire una società basata su cultura, memoria e valori ineludibili della partecipazione e della democrazia.

Nelle sedi della CGIL, nei tantissimi sportelli delle nostre Leghe diffusi su tutto il territorio in modo capillare, offriamo assistenza anche noi a persone in difficoltà. Cerchiamo di dare risposte a chi ha bisogno, sostenendolo attraverso i nostri collaboratori volontari. Siamo fortemente impegnati ad esempio a sostenere il reddito dei pensionati attraverso la nostra Campagna dei Diritti Inespressi, perché qualche euro in più può far comodo per sopportare meglio situazioni economiche difficili. Sappiamo infatti che sono sempre di più i pensionati che aiutando i figli e i nipoti svolgono una funzione di ammortizzatore sociale all’interno della famiglia, quindi è importante controllare la propria pensione per verificare se si può avere diritto mensilmente ad importi maggiori non versati dall’INPS, a causa di errori o domande mai fatte. 



Questo è solo un esempio della nostra attività, ma qui abbiamo le scuole, la Caritas, l’ASVIS, i Sindacati dei Pensionati, le Istituzioni… ognuno di noi fa tante cose diverse in questo territorio: siamo un arcipelago fatto da tante isole bellissime, tra cui possiamo costruire dei ponti, rispettando le nostre identità, quindi avrebbe senso arroccarsi ciascuno sul proprio scoglio? Io penso di no: penso che per migliorare le condizioni di tutti, la soluzione sia dialogare e fare squadra, per essere pronti ad esplorare realtà diverse da quelle a cui magari sino ad oggi siamo stati più abituati. Abbiamo la possibilità di lavorare insieme per sconfiggere la povertà, altrimenti saremo tutti sconfitti, perché, per dirla come Virginia Woolf, “un uomo non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene”.